IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE PER LA LOMBARDIA Sezione staccata di Brescia (sezione prima) Ha pronunciato la presente ordinanza sul ricorso numero di registro generale 877 del 2019, proposto da Cartiere Villa Lagarina S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Alberto Mascotto, Vincenzo Pellegrini e Diego Signor, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; Contro, Comune di Mantova, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Gianolio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia; Ministero per i beni e le attivita' culturali - soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Provincie di Cremona, Lodi e Mantova, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici, in Brescia, via S. Caterina n. 6, e' domiciliato ex lege; Per l'annullamento, in toto e/o parte qua, dell'ordinanza n. 151/2019 del dirigente del Settore sportello unico per le imprese e i cittadini del Comune di Mantova del 17 settembre 2019, prot. n. 0062025/2019 avente ad oggetto «Provvedimento sanzionatorio di natura pecuniaria (art. 167 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42)» trasmesso alla societa' ricorrente con PEC del 18 settembre 2019; della «Perizia di stima per la determinazione di sanzione pecuniaria ai sensi art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004» trasmessa alla societa' ricorrente unitamente alla precitata ordinanza n. 151/2019 del Comune di Mantova con PEC del 18 settembre 2019; di ogni altro atto connesso, presupposto o conseguente, anche non conosciuto; e per l'accertamento dell'entita' della sanzione applicabile nel caso in esame in euro 141.380,84 e per la conseguente condanna del Comune di Mantova alla restituzione del maggior importo versato pari a euro 25.265,05 ovvero della maggiore o minor somma che dovesse risultare in corso di causa. Visti il ricorso e i relativi allegati; Visti tutti gli atti della causa; Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Mantova e del Ministero per i beni e le attivita' culturali - soprintendenza archeologia belle arti e paesaggio per le Provincie di Cremona, Lodi e Mantova; Relatore la dott.ssa Alessandra Tagliasacchi nell'udienza pubblica del giorno 9 febbraio 2022, svoltasi da remoto ex art. 7-bis, decreto-legge n. 105/2021, e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Il fatto 1.1. La societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. e' proprietaria di un complesso industriale, noto come «Cartiera ex Burgo», ubicato in Comune di Mantova, in area in parte assoggettata a vincolo paesaggistico. Al momento dell'acquisto lo stabilimento produttivo versava - secondo quanto prospettato dall'interessata - in una situazione di sostanziale abbandono, e per riavviare l'attivita' produttiva la societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. ha pertanto programmato un complesso intervento di ristrutturazione edilizia e industriale, comprendente - tra l'altro e per quanto qui di interesse - la «demolizione di parte degli impianti del depuratore esistente e costruzione di nuovi impianti di depurazione. Costruzione di tine a servizio dell'impianto produttivo e pipe rack per alloggiamento tubazioni». 1.2. In relazione a tali specifiche opere di demolizione e costruzione il Comune di Mantova ha emesso nei confronti della societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. un'ordinanza di demolizione, assumendo che esse fossero state realizzate in assenza di titolo edilizio e in assenza/difformita' dall'autorizzazione paesaggistica. Il provvedimento repressivo adottato dall'amministrazione comunale e' stato impugnato dalla destinataria con ricorso rubricato al n. 461/2019 di R.G. di questo Tribunale: il ricorso e' stato respinto con sentenza n. 911/2021, pubblicata il 3 novembre 2021. 1.3. In pendenza del giudizio R.G. n. 461/2016, la societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a., pur dichiarando espressamente di non intendere in tal modo prestare acquiescenza al provvedimento impugnato, ha presentato istanza di sanatoria ai sensi dell'art. 36, decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001 e istanza di accertamento postumo di compatibilita' paesaggistica ai sensi dell'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004 per le suddette opere di «demolizione di parte degli impianti del depuratore esistente e costruzione di nuovi impianti di depurazione. Costruzione di tine a servizio dell'impianto produttivo e pipe rack per alloggiamento tubazioni». La domanda di accertamento postumo di compatibilita' paesaggistica e' stata accolta dal Comune di Mantova con provvedimento n. 5/2019, cui ha fatto seguito l'ordinanza n. 159/2019 di intimazione di pagamento a titolo di sanzione pecuniaria della somma di euro 318.048,79, determinata in base ad allegata perizia di stima. Il contenzioso avanti al G.A. 2.1. Con il ricorso introduttivo del presente giudizio (rubricato al n. 877/2019) la societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. ha impugnato il provvedimento di quantificazione della sanzione pecuniaria e la presupposta perizia di stima e ne ha chiesto l'annullamento, in tutto o in parte, oltre all'accertamento dell'entita' della sanzione applicabile nel caso di specie nella misura di euro 141.380,84, ovvero nella diversa somma stabilita in corso di causa, e alla condanna del Comune alla restituzione di quanto pagato in eccesso. 2.2. A sostegno delle domande cosi' proposte la societa' ricorrente ha dedotto i seguenti motivi di illegittimita': I. «Violazione di legge: violazione dell'art. 7 e ss. della legge n. 241/1990 e successive modificazioni ed integrazioni. Eccesso di potere: eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria», per essere stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento, nonostante l'assenza di ragioni d'urgenza a provvedere e il carattere non vincolato del provvedimento, quanto meno con riferimento al quantum della sanzione pecuniaria da irrogare; II. «Violazione di legge: violazione e falsa applicazione degli articoli 167 e 181 del decreto legislativo n. 42/2004 e successive modificazioni ed integrazioni nonche' del decreto del Presidente della Repubblica n. 31/2017 e successive modificazioni ed integrazioni. Violazione ed erronea applicazione dell'art. 83 della legge regionale n. 12/2005 e successive modificazioni ed integrazioni. Violazione dell'art. 3 e ss. della legge n. 241/1990. Eccesso di potere: eccesso di potere per carenza di istruttoria e di motivazione; contraddittorieta' interna e tra atti della P.A.», perche' nella quantificazione della sanzione pecuniaria il comune avrebbe sbagliato nel prendere in considerazione anche le opere conformi all'autorizzazione paesaggistica n. 17/2018 e comunque realizzate entro terra e dunque prive di impatto sul paesaggio. Il perito incaricato della stima avrebbe, infatti, erroneamente preso a riferimento la tavola comparativa 07.SN prodotta unitamente all'istanza di sanatoria, che raffronta lo stato autorizzato e quello realizzato sotto il profilo edilizio, in luogo della tavola 08.SN, che raffronta invece le difformita' sotto il profilo paesaggistico. Sarebbe stato cosi' conteggiato anche il costo delle opere di scavo e delle fondazioni interrate delle tine, che non erano da sanare in quanto gia' implicitamente assentite sotto il profilo paesaggistico. 2.3. Con memoria depositata in data 21 maggio 2021 la societa' Villa Lagarina S.p.a. ha lamentato anche la violazione dei principi di irretroattivita' e legalita', perche' nel determinare la contestata sanzione pecuniaria il comune ha applicato l'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005 nella formulazione - piu' sfavorevole - vigente al momento della irrogazione della sanzione medesima, anziche' quella - piu' favorevole - vigente al momento della commissione dell'illecito. 3.1. Si e' costituito in giudizio il Ministero per i beni e le attivita' culturali e del turismo, depositando comparsa di mero stile. 3.2. Si e' costituito in giudizio anche il Comune di Mantova per resistere al ricorso avversario e concludere per la sua reiezione. 4.1. La causa e' stata chiamata alla pubblica udienza del 13 ottobre 2021 per la trattazione del merito: in quella sede parte ricorrente per la prima volta nel corso del giudizio ha eccepito a verbale, in via subordinata, l'illegittimita' costituzionale dell'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005, nel testo attualmente in vigore e applicato dall'amministrazione comunale ai fini della determinazione della sanzione pecuniaria avversata. 4.2. Con sentenza non definitiva n. 913/2021 questo Tribunale ha respinto, siccome infondate le censure contenute nel ricorso principale, e siccome inammissibili in quanto tardive e irrituali le doglianze contenute nella memoria depositata in data 21 maggio 2021. La causa e' stata contestualmente rimessa sul ruolo della pubblica udienza, onde consentire il pieno dispiegarsi del contraddittorio processuale sulla questione di costituzionalita', contraddittorio indubbiamente sacrificato dai modi e dai tempi della proposizione della questione medesima (come rappresentato al punto 4.1.). La questione di costituzionalita' 5.1. Nel caso di specie la sanzione pecuniaria irrogata e' stata determinata facendo applicazione non solamente dell'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, ma anche dell'art. 83, legge regionale n. 12/2005 nella versione attualmente vigente. La circostanza non e' contestata, e, comunque, e' comprovata sia dal tenore letterale del provvedimento sanzionatorio, sia dalle modalita' di quantificazione della sanzione. Invero, quanto al dato letterale, nell'ordinanza comunale si legge, testualmente, che «l'abuso e' compatibile con il vincolo paesaggistico e pertanto rientrante nelle ipotesi di cui all'art. 83 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12». Quanto alla quantificazione, la perizia di stima ha determinato il costo teorico di realizzazione delle opere e dei lavori abusivi, cosi' come per l'appunto prevede il gia' citato art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005. 5.2. L'art. 167, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, nella parte qui di interesse, stabilisce che «Qualora venga accertata la compatibilita' paesaggistica, il trasgressore e' tenuto al pagamento di una somma equivalente al maggiore importo tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la trasgressione». A sua volta, l'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005, nella versione attualmente vigente, prevede che «L'applicazione della sanzione pecuniaria, prevista dall'art. 167 del decreto legislativo n. 42/2004, in alternativa alla rimessione in pristino, e' obbligatoria anche nell'ipotesi di assenza di danno ambientale e, in tal caso, deve essere quantificata in relazione al profitto conseguito e, comunque, in misura non inferiore all'ottanta per cento del costo teorico di realizzazione delle opere e/o lavori abusivi desumibile dal relativo computo metrico estimativo e dai prezzi unitari risultanti dai listini della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura della provincia, in ogni caso, con la sanzione minima di cinquecento euro». Dunque, mentre la disciplina statale utilizza quali parametri per la determinazione della sanzione il danno arrecato o il profitto conseguito, la disciplina regionale utilizza anche il costo di costruzione delle opere abusive. 6.1.1. La societa' ricorrente sostiene che in tal modo la previsione regionale abbia introdotto un parametro di quantificazione della sanzione pecuniaria, vale a dire il costo di costruzione delle opere e/o dei lavori abusivi, del tutto estraneo ai concetti di profitto o di danno viceversa utilizzati dalla disciplina statale per determinare la suddetta sanzione. Pertanto - a suo dire - l'art. 83, legge regionale Lombardia sarebbe viziato da illegittimita' costituzionale per violazione degli articoli 3, 23, 25, comma secondo, 117, comma secondo, lettere l), m) ed s), 118 della Costituzione, nella misura in cui prevede una sanzione differente rispetto a quella individuata dagli articoli 167 e 181 decreto legislativo n. 42/2004, o comunque confliggente con i principi di uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalita' della sanzione rispetto alla gravita' dell'illecito. 6.1.2. In subordine, la societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. assume che, laddove si ritenesse l'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005 astrattamente compatibile con l'art. 167, decreto legislativo n. 42/2004, allora a essere incostituzionale sarebbe la disposizione statale, per assoluta genericita' del precetto sanzionatorio e per carenza di proporzionalita' e ragionevolezza della sanzione e dunque per violazione degli articoli 23 e 25 della Costituzione. 6.2.1. Il Comune di Mantova ritiene invece che la questione di costituzionalita' prospettata da controparte sia infondata. Secondo l'amministrazione resistente, infatti, la materia dei beni culturali e del paesaggio non e' riservata integralmente allo Stato, dal momento che la loro valorizzazione e' affidata dal terzo comma dell'art. 117 della Costituzione alla potesta' legislativa concorrente delle regioni, e che la gestione della autorizzazione paesaggistica, anche in sanatoria, compete alla regione sia pure con il parere della soprintendenza. Di talche', a suo dire, la materia sanzionatoria nell'ambito paesaggistico non andrebbe ascritta alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato ex art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, bensi' a quella regionale esclusiva fissata in via residuale dal comma quarto del medesimo art. 117 della Costituzione. 6.2.2. In subordine, l'ente resistente asserisce che la norma regionale si e' limitata a precisare il contenuto del termine «profitto» utilizzato dalla disposizione statale per determinare la sanzione pecuniaria conseguente all'accertamento postumo di compatibilita' paesaggistica, in tutti quei casi in cui il profitto non sia determinabile, utilizzando un parametro niente affatto arbitrario o irragionevole. 6.2.3. Anche l'eccezione di incostituzionalita' della legge statale sarebbe infondata secondo la difesa del Comune, sia perche' la lamentata genericita' della disposizione non concretizza in se' un vizio di costituzionalita', sia perche' essa viene superata proprio attraverso l'integrazione del precetto operata dalla disposizione regionale. 6.3. Il Collegio ritiene che la questione di costituzionalita' prospettata dalla societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. sia rilevante e - sia pure nei termini che si vanno esporre - non manifestamente infondata, e che dunque sussistano i presupposti fissati dall'art. 23, legge n. 87/1953 per sollevare l'incidente di costituzionalita'. Sulla rilevanza della questione di costituzionalita' 7.1. Come gia' esposto al punto 5.1., la sanzione irrogata alla societa' ricorrente e' stata determinata, sulla scorta della perizia di stima, che ha preso in considerazione esclusivamente il costo teorico di realizzazione delle opere abusive. Si tratta, come parimenti visto in precedenza, di un parametro di calcolo non previsto dalla legge statale, ma solo da quella regionale. Questo comporta che l'eventuale declaratoria di incostituzionalita' dell'art. 83, legge regionale Lombardia determinerebbe l'illegittimita' del provvedimento sanzionatorio che ne ha fatto applicazione e dunque l'accoglimento del ricorso con riferimento a questo unico profilo. 7.2. E' pressoche' superfluo aggiungere che non costituisce ostacolo alla rilevanza della questione di costituzionalita' la circostanza che la stessa non sia stata veicolata nel giudizio attraverso uno specifico e tempestivo motivo di impugnazione del provvedimento sanzionatorio gravato: al giudice a quo e' riconosciuto, ex art. 23, III comma, legge 11 marzo 1953, n. 87, un potere officioso d'investire la Corte costituzionale di una questione di costituzionalita' non ritualmente prospettata dalle parti, purche' l'eventuale pronuncia di accoglimento da parte della Corte interferisca effettivamente sull'esito del giudizio pendente; ovvero, per usare la formula dell'art. 23 cit. II comma, la questione puo' essere sollevata dall'Autorita' giurisdizionale qualora il giudizio non possa essere definito indipendentemente dalla risoluzione della questione di legittimita' costituzionale. Nello specifico, poi, parte ricorrente ha contestato la quantificazione della sanzione pecuniaria che le e' stata in concreto irrogata dal Comune di Mantova in applicazione dell'art. 83 cit. per cui, ove tale disposizione venisse a perdere efficacia a seguito della pronuncia d'incostituzionalita', la sanzione andrebbe conseguentemente annullata, presupposto necessario per poter poi stabilire se la sanzione possa essere rideterminata nel minor importo indicato dalla ricorrente: e tanto basta ad attribuire a questa un immediato vantaggio, sufficiente a giustificare il ricorso al Giudice delle leggi. 7.3. A rafforzare tale conclusione e' che la nuova sanzione pecuniaria da applicare alla societa' Cartiere Villa Lagarina S.p.a. per l'intervento abusivo realizzato andrebbe, a mente dell'art. 167, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004, parametrata sul profitto conseguito (posto che non e' in contestazione che l'intervento abusivo non ha provocato alcun danno), di regola inferiore all'80% del costo di costruzione, cosi' come invece stabilisce l'art. 83, legge regionale n. 12/2005 che certamente non costituisce norma di favore per il trasgressore, rispetto al disposto del ripetuto art. 167, comma 5. Si consideri, sul punto, che il decreto ministeriale del Ministro per i beni culturali e ambientali 26 settembre 1997, intitolato «Determinazione dei parametri e delle modalita' per la qualificazione della indennita' risarcitoria per le opere abusive realizzate nelle aree sottoposte a vincolo», all'art. 2 stabiliva che il profitto era «la differenza tra il valore dell'opera realizzata ed i costi sostenuti per la esecuzione della stessa, alla data di effettuazione della perizia», e all'art. 3 che il profitto doveva ritenersi «pari, in via ordinaria al tre per cento del valore d'estimo dell'unita' immobiliare». E' ben vero che il precitato decreto ministeriale 26 settembre 1997 e' stato emanato sotto la vigenza dell'art. 15, legge n. 1497/1939, ma e' anche vero che tale norma, per quanto qui di interesse ha la medesima formulazione dell'art. 167, comma 5, decreto legislativo n. 42/2004: anch'essa infatti pone a carico dell'autore dell'abuso il pagamento «di una indennita' equivalente alla maggiore somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito mediante la commessa trasgressione». E poiche' non sembra possibile che il profitto conseguito dal trasgressore, inteso come differenza tra valore dell'opera e costo di realizzazione, possa condurre a un risultato pari o superiore all'80% del costo di costruzione delle opere abusive, e' definitivamente confermata la rilevanza della questione di costituzionalita' in esame nell'ambito del presente giudizio. Sulla non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' 8.1. Questo giudice ritiene che la determinazione delle sanzioni amministrative per il caso di inosservanza della disciplina contenuta nella parte terza del decreto legislativo n. 42/2004 sia da ascrivere alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in quanto rientrante nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali». Di contro, non convincono le tesi affacciate dalla difesa del Comune, per cui la materia rientrerebbe o nella potesta' legislativa esclusiva delle Regioni ai sensi del comma quarto dell'art. 117 della Costituzione, o in quella concorrente sempre delle regioni, sub specie «valorizzazione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzazione di attivita' culturali», ai sensi del comma terzo del medesimo art. 117 della Costituzione. 8.2.1. Da un lato, invero, l'apparato sanzionatorio previsto per un determinato settore dell'ordinamento, lungi dal costituire una materia a se' stante, accede piuttosto alla disciplina sostanziale il cui rispetto intende assicurare. Si puo' concludere quindi che la disciplina sanzionatoria spetta al medesimo soggetto «nella cui sfera di competenza rientra la disciplina la cui inosservanza costituisce l'atto sanzionabile (ex multis, sentenze n. 90 del 2013, n. 240 del 2007, n. 384 del 2005 e n. 12 del 2004)» (cosi', Corte costituzionale sentenza 148/2018). Dunque, non trattandosi di una materia autonoma, quella sanzionatoria non puo' ricadere nella previsione del comma quarto dell'art. 117 della Costituzione e dunque essere attribuita in via residuale alla potesta' legislativa delle regioni. 8.2.2. Dall'altro lato, la «tutela» dell'ambiente e del paesaggio, affidata in via esclusiva allo Stato, e la «valorizzazione» degli stessi, rimessa alla potesta' concorrente, sono - ad avviso di questo giudice - due funzioni, certamente intersecantesi, ma diversificate l'una dall'altra. E cosi' mentre la prima mira alla conservazione di un bene complesso e unitario, soddisfacendo a un valore primario dell'ordinamento costituzionale (Corte cost., sentenza n. 201/2021), la seconda mira a migliorarne la fruizione e la conoscenza. Cio' premesso, questo giudice ritiene che la terza parte del decreto legislativo n. 42/2004 persegua scopi di conservazione dei beni paesaggistici, in quanto vieta espressamente qualsivoglia intervento che li distrugga o li pregiudichi. Tant'e' che l'art. 146, decreto legislativo n. 42/2004 subordina l'attivita' edificatoria nelle aree tutelate alla preventiva verifica di compatibilita' dell'opera progettata con l'interesse paesaggistico da parte dell'autorita' preposta alla tutela. E' pertanto da ritenersi che il medesimo scopo di tutela sia perseguito dalle sanzioni per la violazione della disciplina contenuta nella terza parte del decreto legislativo n. 42/2004. E questo, se e' piu' evidente nel caso di sanzione ripristinatoria, lo e' anche in caso di sanzione sostitutiva pecuniaria: quest'ultima infatti e' comunque diretta a scoraggiare interventi su aree paesaggisticamente tutelate, prima che l'autorita' amministrativa si sia pronunciata sui progetti. 8.3. Alla luce delle suesposte considerazioni, questo giudice ritiene che la disciplina delle sanzioni per la violazione dell'art. 146, decreto legislativo n. 42/2004 rientri nella potesta' legislativa esclusiva dello Stato, senza che residui spazio alle regioni per introdurre sanzioni ulteriori e/o diverse rispetto a quelle contenute nella legge statale. Conclusioni In conclusione, questo giudice dubita che l'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005, prevedendo una difforme disciplina sanzionatoria in un ambito riservato alla competenza esclusiva dello Stato, violi l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione. Va, pertanto, sollevata questione di legittimita' costituzionale dell'art. 83, legge regionale Lombardia n. 12/2005 rispetto all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, con sospensione del presente giudizio sino alla pronuncia della Corte costituzionale sulla stessa. Si dispone l'immediata trasmissione degli atti di causa alla Corte costituzionale medesima e le comunicazioni di cui in dispositivo.